Il Piano Mediterraneo Basale va dal livello del mare fino a 1500 m d’altezza, ove la vegetazione risente molto delle attività antropiche.
In questa fascia, vi e’ una forte densità demografica: centri urbani e numerosi paesini etnei, sparsi intorno al vulcano, nei quali prevale un’economia agricola garantita dal ricco suolo vulcanico.
Questo piano altitudinale, fino a circa quota 800 m, non ricade all’interno del Parco dell’Etna, ma le sue caratteristiche ambientali sono altrettanto significative da meritare, comunque, una descrizione.
Qui dominano il paesaggio le coltivazioni di Pistacchio (nella località di Bronte), di Nocciolo e di agrumi.
Importanti sono anche le coltivazioni di fragole come quelle di Maletto ed il miele prodotto a Zafferana Etnea.
Fino a 500 m d’altezza si possono trovare ancora terreni con vegetazione spontanea tipica della macchia mediterranea, le cui specie più rappresentative sono costituite dall’Olivastro (Olea europaea) e dall’Euforbia (Euphorbia dendroides).
L’Euforbia è, forse, la specie spontanea più importante della macchia mediterranea ed è caratterizzata dal fenomeno dell’estivazione. Durante l’estate interrompe il suo ciclo biologico, riducendo al minimo le sue esigenze fisiologiche, per poi rientrare in piena attività biologica in inverno.
Anche il Lentisto (Pistacia lentisco), pianta molto apprezzata per le sue proprietà cosmetiche e terapeutiche, colonizza questi luoghi aridi, insieme alla profumatissima Ginestra comune (Spartium junceum), i cui estratti sono utilizzati per i disturbi cardiocircolatori ed al Tasso barbasso (Verbascum thapsus), la cui infiorescenza può superare i 2 m d’altezza.
A questa quota si possono visitare i tipici paesini etnei, attorno al vulcano, mentre, dando un’occhiata verso la costa del mar Jonio, è possibile ammirare le bellissime scogliere laviche che si estendo dai territori di Catania fino a Riposto.
Molte di queste aree costiere sono poco accessibili, permettendo, così, alla vegetazione mediterranea di cresce rigogliosa.
Questi habitat sono così peculiari, che sono state istituite alcune aree protette per salvaguardarli, tra cui la “Riserva Naturale Orientata la Timpa” di Acireale, un burrone a strapiombo profondo quasi 100 m, ricco di flora e fauna e dai caratteristici borghi di pescatori sul mare che si possono raggiungere anche a piedi, attraverso un antico sentiero in pietra lavica che dalla strada statale scende fino al mare, offrendo una bella vista sul piccolo paese di Santa Maria la Scala e l’“Area marina protetta Isole Ciclopi”, tra Capo Mulini, Aci Trezza ed Aci Castello, con i faraglioni sul mare e l’Isola di Lachea dai meravigliosi fondali marini.
Proprio in questa zona ci sono state le prime manifestazioni vulcaniche che hanno dato origine al vulcano, infatti, i faraglioni e la rupe, dove oggi sorge il Castello di Aci, non sono altro che le rocce laviche più antiche fuoriuscite dai fondali marini.
Questi ultimi, rappresentano l’habitat di molte piante marine tra cui la Poseidonia Oceanica, endemica del Mediterraneo, che ha un ruolo primario per quanto riguarda la produzione di ossigeno negli ecosistemi marini ed è, inoltre, utilizzata anche in farmacologia.
In quest’area trovano rifugio anche numerosi pesci ed invertebrati tipici della fauna marina mediterranea ed e’ anche luogo di nidificazione del gabbiano reale.
I paesini che ricadono nell’area protetta offrono, inoltre, delle suggestive passeggiate sul lungomare per ammirare questi interessanti affioramenti rocciosi.
Intorno agli 800 m, sul versante Ovest del vulcano, possiamo trovare le prime associazioni boschive sempreverdi, come la splendida lecceta di “Prato fiorito”, formata dal Leccio (Quercus ilex) che ammanta i numerosi conetti presenti, tra cui il Monte Minardo.
Molto interessante è anche il sentiero escursionistico, poco impegnativo, che percorre ad anello questo bosco, costeggiando anche il vicino Bosco di Ginestre, lungo il quale si possono incontrare i “Pagghiari”, delle curiose capanne di paglia usate come ricoveri dai pastori durante la stagione estiva.
Sul versante Est, nel territorio di Milo, cresce, invece, l’“Ilice di Carrinu”, il più vecchio leccio dell’Etna con i suoi mille anni d’età.
Le sue radici fuoriescono dal terreno circostante, lasciandoci stupefatti per la loro grandezza.
Dopo aver percorso un sentiero in salita e costeggiato da una fitta vegetazione, lo si ritrova nascosto nel bosco in tutta la sua maestosità, a confronto, gli altri alberi nelle vicinanze sembrano dei fuscelli.
A pochi metri dall’enorme tronco vi sono i ruderi di una vecchia casetta in pietra e di un pozzo, in cui, vi è ancora dell’acqua.
Tra Zafferana Etnea e Milo, si conserva un lembo di bosco molto antico ed interessante dal punto di vista naturalistico, sopravvissuto alla deforestazione ed oggi conosciuto come “Bosco di Milo”. E’ questo l’habitat del Carpino nero (Ostrya carpinifolia) e di varie specie di querce e conifere. (C’è da dire che la vegetazione, al suo interno, è molto fitta e rende difficile addentrarsi).
Sempre intorno agli 800 m, incontriamo i boschi di Castagno (Castanea sativa). Questo albero maestoso, dalla forma cespugliosa, riesce a spingersi fino a 1700 m d’altezza e la sua origine (antropica o naturale) è ancora discussa. E’ un albero ricco di tannino a cui sono state attribuite numerose proprietà curative, soprattutto, dalla medicina popolare.
Alcuni esemplari sono stati avvistati anche a quota 1700 m, dove resistono in forma cespugliosa.
Nel territorio del comune di Sant’Alfio, si possono rinvenire alcuni castagni millenari tra i più importanti e belli d’Italia, come il famoso “Castagno dei cento cavalli�?, probabilmente l’albero più vecchio d’Europa (alcuni studiosi stimano che potrebbe avere anche 4000 anni d’età) e nelle vicinanze, il “Castagno della nave�? conosciuto anche col nome di “Castagno di Sant’Agata”.
Importante è anche la presenza di boschi di Querce caducifoglie (Quercus virgiliana, pubescens e cerri).
L’esemplare della specie cerri, presente nel versante orientale, ha dato origine al caratteristico “Bosco della Cerrita”, mentre, sul versante Nord, tra Monte Spagnolo e Monte Maletto e’ presente il bosco misto più esteso del vulcano con la presenza di faggi, castagni e di querce.
Restando su questo lato del vulcano, poco fuori l’abitato di Randazzo, all’interno di un’azienda agricola, si trova il Lago Gurrida, un ambiente umido, unico sull’Etna. Questo lago, in realtà, è molto giovane, si e’ formato, in tempi recenti, a causa di un’eruzione che ha bloccato il corso del Flascio, (piccolo fiume proveniente dai vicini Nebrodi).
Le rive di questo lago sono circondate da pioppeti di origine antropica che le rendono l’habitat ideale per numerosi volatili, non a caso, è anche la meta preferita dai naturalisti amanti del birdwatching.
Tra gli 800 ed i 1000 m iniziamo ad incontrare la spettacolare Ginestra dell’Etna (Genista aetnensis), molto diffusa intorno al vulcano, specie endemica dell’Etna e distribuita ovunque su questa fascia altitudinale.
Il suo habitus può raggiungere dimensioni arboree e la sua fioritura gialla è tipicamente estiva, cosi’come, il forte profumo. In certe zone forma anche dei boschi, come nei pressi del Piano delle Ginestre e di Monte Ruvolo.
Una delle zone più suggestive, dal punto di vista botanico, di questa fascia è sicuramente la Valle di San Giacomo, nei pressi di Zafferana etnea.
Nel bosco misto, qui presente, crescono il Leccio, il Castagno, il Carpino nero, il Faggio, l’Erica arborea (Erica Arborea) e la Quercia da sughero. La corteccia di questo albero e’ utilizzata, tra le altre cose, per ricavarne dei tappi di sughero.
Non molto lontano possiamo incontrare la Val Calanna, un tempo paradiso botanico e ricca di coltivazioni, tra cui castagneti e vigneti, ma distrutta, nei primi anni 90 del secolo scorso, dalla lava che minacciò anche il paese di Zafferana.
Il sentiero che permette di entrare nella Val Calanna ha inizio poco dopo l’abitato di Zafferana.
Una prima parte e’ formata da una strada di basalto lavico molto suggestiva, poi inizia il sentiero sterrato sulla roccia lavica, che dopo qualche ora, arriva fino a Monte Calanna, da qui si può continuare a salire per entrare nel cuore della Valle del Bove.
Tra i 600 m e gli 800 m d’altezza, inizia l’areale di distribuzione dello Stereocaulon vesuvianum, un lichene grigio che ricopre le rocce laviche, formando, in certi casi, delle vere e proprie praterie. Questa specie, la si può rinvenire anche intorno ai 2000 m di quota, mentre, intorno ai 1200 m, si iniziano ad incontrare, sporadicamente, alcuni alberi abituati a climi più freddi.